8.12.08
I wanna wake up where you are..
Una rosa rossa su lenzuola nere.
Materasso matrimoniale, con corredo di seta moderno a completare il panorama.
Dentro uno straccio di uomo che all'anagrafe si chiama Franklin Robert White, ma che gli amici, o i presunti tali, hanno sempre chiamato Frank.
La scena si svolge così: la telecamera in piano medio inquadra tutta la stanza, stringendo piano piano sul braccio di Frank, che ha un grosso taglio.
Al suo fianco, una rosa rossa ed un biglietto chiuso in maniera molto approssimativa con queste poche parole, sopra, che la camera inquadrerà fino a scendere nel dettaglio: "Scusami, ma ti rovinerei solamente la vita.. vado a Genova, non cercarmi..tua, Billie".
Ignaro di tutto, Frank dorme pesantemente.
La camera gira, scende il dettaglio sulla rosa: non è rossa, ma bianca, il colore è dato dal sangue di Frank sceso sui petali del fiore.
Ora, mentre la scena si svolge sulle note di "Zeta reticoli" dei Meganoidi, la camera inquadra uno specchio che riflette l'immagine di Frank, riverso sul letto, mentre l'inquadratura si sposta sul letto, stringendo sulla rosa.
Cola una goccia di sangue, la rosa piange..
Dissolvenza in uscita, il volume della musica cresce a dismisura.
Stop.
Va bene? No, ragazzi, la rifacciamo.. Quest'uomo sta soffrendo, e questa è tutto il sentimento che traspare da voi?
Il cinema è un'arte falsa. Suscita in noi dei sentimenti, ma l'attore non li prova, anzi viene pagato per prenderti in giro, e meglio sa farsi beffe di te e più viene pagato.
Ma questa, è un'altra storia..
Materasso matrimoniale, con corredo di seta moderno a completare il panorama.
Dentro uno straccio di uomo che all'anagrafe si chiama Franklin Robert White, ma che gli amici, o i presunti tali, hanno sempre chiamato Frank.
La scena si svolge così: la telecamera in piano medio inquadra tutta la stanza, stringendo piano piano sul braccio di Frank, che ha un grosso taglio.
Al suo fianco, una rosa rossa ed un biglietto chiuso in maniera molto approssimativa con queste poche parole, sopra, che la camera inquadrerà fino a scendere nel dettaglio: "Scusami, ma ti rovinerei solamente la vita.. vado a Genova, non cercarmi..tua, Billie".
Ignaro di tutto, Frank dorme pesantemente.
La camera gira, scende il dettaglio sulla rosa: non è rossa, ma bianca, il colore è dato dal sangue di Frank sceso sui petali del fiore.
Ora, mentre la scena si svolge sulle note di "Zeta reticoli" dei Meganoidi, la camera inquadra uno specchio che riflette l'immagine di Frank, riverso sul letto, mentre l'inquadratura si sposta sul letto, stringendo sulla rosa.
Cola una goccia di sangue, la rosa piange..
Dissolvenza in uscita, il volume della musica cresce a dismisura.
Stop.
Va bene? No, ragazzi, la rifacciamo.. Quest'uomo sta soffrendo, e questa è tutto il sentimento che traspare da voi?
Il cinema è un'arte falsa. Suscita in noi dei sentimenti, ma l'attore non li prova, anzi viene pagato per prenderti in giro, e meglio sa farsi beffe di te e più viene pagato.
Ma questa, è un'altra storia..
7.12.08
Life is no cabaret
"La vita, lor signori, non è un cabaret", cantava la voce aspra e al contempo così profonda di Amanda Palmer, cantante dei Dresden Dolls. La serata è filata via come un piccolo show, nel quale tu sei al centro della scena ma vedi tutti sfilarti, lentamente ed impassibilmente, al fianco. Non puoi fermarli, li vedi ma non arrivi a toccarli, ti limiti ad attraversare la loro aura, a sfiorare la loro essenza mentre ti passano accanto, presi solo dalla cassa rullante che pompa dagli amplificatori.
Tu non riesci proprio a sentirla, quella musica, nelle tue orecchie il miglior Jeff Buckley di sempre arpeggia gentilmente la chitarra lanciando il suo "alleluyah" al mondo intero, e ti senti sempre più catapultato in un altro mondo, un'altra dimensione, che di certo non ti vede iscritto al registro anagrafe, un posto dove andare in vacanza vuol dire sdraiarsi a riflettere, e dove dalle cascate del Niagara scendono giù a fiotti fiumi di ipocrisie, che espiano le proprie colpe per poi ritornare nel mare, purificate completamente dal loro carico di barbarie e peccati atavici.
Scoli un'altra birra, un altro cocktail, cerchi di arrivare ad un punto in cui il tuo cervello non risponde più ai comandi ed ai dettami di un'anima che vorrebbe prendere l'A3 e fuggire via, andare non dove il cuore ti porta, ma dove il tuo cuore realmente è.
Che cazzo ci fai ancora lì? Fuggi via, questo posto è tutto quello che hai sempre rifuggito, non è nient'altro che "babylon".
Cos'è Babylon? Babylon è la civiltà, lo sfruttamento, l'imposizione autoritaria di un sistema sociaetario che riesce a sopraffare ogni tua volontà.
Tu cerchi il tuo "Ras Tafari", il tuo paradiso regnato dal Negus che non muore mai, il regno della pace all'interno del quale Haile Selassie è il tuo cuore, lontano chilometri da qui..
Cerchi una strada, un'altra boccata ancora, mentre la carta si consuma al vento con il suo sapore dolciastro.. Babylon, go away, let me stay in my rastafari paradise..
"Poche ore ancora, Billie, Frank sta tornando.."
Tu non riesci proprio a sentirla, quella musica, nelle tue orecchie il miglior Jeff Buckley di sempre arpeggia gentilmente la chitarra lanciando il suo "alleluyah" al mondo intero, e ti senti sempre più catapultato in un altro mondo, un'altra dimensione, che di certo non ti vede iscritto al registro anagrafe, un posto dove andare in vacanza vuol dire sdraiarsi a riflettere, e dove dalle cascate del Niagara scendono giù a fiotti fiumi di ipocrisie, che espiano le proprie colpe per poi ritornare nel mare, purificate completamente dal loro carico di barbarie e peccati atavici.
Scoli un'altra birra, un altro cocktail, cerchi di arrivare ad un punto in cui il tuo cervello non risponde più ai comandi ed ai dettami di un'anima che vorrebbe prendere l'A3 e fuggire via, andare non dove il cuore ti porta, ma dove il tuo cuore realmente è.
Che cazzo ci fai ancora lì? Fuggi via, questo posto è tutto quello che hai sempre rifuggito, non è nient'altro che "babylon".
Cos'è Babylon? Babylon è la civiltà, lo sfruttamento, l'imposizione autoritaria di un sistema sociaetario che riesce a sopraffare ogni tua volontà.
Tu cerchi il tuo "Ras Tafari", il tuo paradiso regnato dal Negus che non muore mai, il regno della pace all'interno del quale Haile Selassie è il tuo cuore, lontano chilometri da qui..
Cerchi una strada, un'altra boccata ancora, mentre la carta si consuma al vento con il suo sapore dolciastro.. Babylon, go away, let me stay in my rastafari paradise..
"Poche ore ancora, Billie, Frank sta tornando.."
5.12.08
Non è niente..
L'aria umida e fredda di quei giorni di dicembre entrava nelle case, negli uffici, passava attraverso sciarpe dalle maglie troppo larghe ed impermeabili anonimi, che coprivano giacche e gilet di aspiranti colletti bianchi.
Milano in quei giorni era così, autunno ed inverno insieme, colore e nostalgia, sole e bruma, con la forza devastante di un fiume in piena, che sbatte incessantemente contro un muro destinato a non crollare mai. Un taxi passò davanti a Frank White proprio lì, predendo in pieno quella maledetta pozzanghera a pochi centrimetri da quella figura un pò esile, che adesso appariva ancora più teatrale nel suo disumano grigiore.
Frank sospirò, l'ennesimo sospiro di una vita ormai passata nella rassegnazione più estrema: da quanto tempo non prendeva una decisione? Da quanto tempo non si guardava allo specchio, senza sentire la vergogna che nasceva dal dover affrontare i suoi stessi occhi..
Entrò in un bar squallido, se possibile più anonimo di lui, chiedendo un caffè macchiato ad un commesso che, pezza in mano, asciugava delle tazzine alla bell'e meglio, poi passava la pezza sul bancone, palesando agli occhi di Frank quanto del lerciume presente sullo straccio avrebbe bevuto tra pochi secondi.
"Il suo caffè", disse il minuto uomo dietro al bancone, mentre dalla strada, lì fuori, saliva un brusio indistinto, un vociare di donne e ragazzini e uomini e vecchi che chiedevano aiuto. Senza mollare la tazzina appena presa in mano, Frank posò il suo impermeabile su uno sgabello e si portò vicino all'entrata del bar, giusto il tempo necessario per guardare fuori ed accontentare la sua curiosità morbosa; non capiva, dove e da cosa stesse correndo la gente, lì fuori. Improvvisamente, un boato, poi solo fumo nero in mezzo alle auto ed ai palazzi di quella zona residenziale milanese: una bomba, due, un'auto scoppiata, cosa? Cosa stava succedendo? Frank si rialzò in fretta scrollandosi di dosso i vetri della porta d'ingresso del locale, e si trovò davanti lei, Billie, splendida come non mai..
"Non è niente", gli ripeteva, "stai tranquillo, Frank, non è niente". Erano passati due lunghissimi anni da quando se n'era andata, facendo perdere completamente le sue tracce. "Frank, non è niente, ma ora andiamo.."
Frank, come in trance, non disse una parola e la seguì. Guardò l'orologio, erano le 16 e 37 del 12 dicembre, anno di dio 1969.
Billie era appena tornata; dopo averla cercata per giorni, mesi ed anni, Frank non l'avrebbe più dimenticato, quell'incontro invernale in Piazza Fontana.
Milano in quei giorni era così, autunno ed inverno insieme, colore e nostalgia, sole e bruma, con la forza devastante di un fiume in piena, che sbatte incessantemente contro un muro destinato a non crollare mai. Un taxi passò davanti a Frank White proprio lì, predendo in pieno quella maledetta pozzanghera a pochi centrimetri da quella figura un pò esile, che adesso appariva ancora più teatrale nel suo disumano grigiore.
Frank sospirò, l'ennesimo sospiro di una vita ormai passata nella rassegnazione più estrema: da quanto tempo non prendeva una decisione? Da quanto tempo non si guardava allo specchio, senza sentire la vergogna che nasceva dal dover affrontare i suoi stessi occhi..
Entrò in un bar squallido, se possibile più anonimo di lui, chiedendo un caffè macchiato ad un commesso che, pezza in mano, asciugava delle tazzine alla bell'e meglio, poi passava la pezza sul bancone, palesando agli occhi di Frank quanto del lerciume presente sullo straccio avrebbe bevuto tra pochi secondi.
"Il suo caffè", disse il minuto uomo dietro al bancone, mentre dalla strada, lì fuori, saliva un brusio indistinto, un vociare di donne e ragazzini e uomini e vecchi che chiedevano aiuto. Senza mollare la tazzina appena presa in mano, Frank posò il suo impermeabile su uno sgabello e si portò vicino all'entrata del bar, giusto il tempo necessario per guardare fuori ed accontentare la sua curiosità morbosa; non capiva, dove e da cosa stesse correndo la gente, lì fuori. Improvvisamente, un boato, poi solo fumo nero in mezzo alle auto ed ai palazzi di quella zona residenziale milanese: una bomba, due, un'auto scoppiata, cosa? Cosa stava succedendo? Frank si rialzò in fretta scrollandosi di dosso i vetri della porta d'ingresso del locale, e si trovò davanti lei, Billie, splendida come non mai..
"Non è niente", gli ripeteva, "stai tranquillo, Frank, non è niente". Erano passati due lunghissimi anni da quando se n'era andata, facendo perdere completamente le sue tracce. "Frank, non è niente, ma ora andiamo.."
Frank, come in trance, non disse una parola e la seguì. Guardò l'orologio, erano le 16 e 37 del 12 dicembre, anno di dio 1969.
Billie era appena tornata; dopo averla cercata per giorni, mesi ed anni, Frank non l'avrebbe più dimenticato, quell'incontro invernale in Piazza Fontana.
24.11.08
Noi che...
Mi è arrivata questa mail.. Pensavo di aver abbandonato ormai questo post, ma dopo questo riprenderò a pubblicare qui quanto scrivo..
Questa 'poesia' è dedicata a tutti quelli che sono stati bambini nel periodo in cui si poteva esserlo...vi ricordate? Adesso i tempi sono cambiati...e i bambini non sono più quelli del nostro periodo...
Noi che...
Dedicato a chi c'era...
Noi che...
ci divertivamo anche facendo 'Strega comanda colore' e 'il lupo mangiafrutta'
Noi che...
facevamo 'Palla Avvelenata'
Noi che...
giocavamo regolarmente a 'Ruba Bandiera' (detto anche 'bandierina').
Noi che...
non ci facevamo mai mancare 'dire fare baciare lettera testamento'.
Noi che...
i pattini avevano 4 ruote e si allungavano quando il piede cresceva.
Noi che...
quando giocavamo col Lego facevamo anche castelli alti 6 piani che nn si smontavano mai.
Noi che...
chi andava in bici senza mani era il più figo.
Noi che...
anche quelli che impennavano però non se la tiravano poco.
Noi che...
suonavamo al campanello per chiedere se c'era l'amico in casa.
Noi che...
facevamo a gara a chi masticava più big babol contemporaneamente.
Noi che...
avevamo adottato gatti e cani randagi (nei casi peggiori bruchi!)che non ci hanno mai attaccato nessuna malattia mortale, anche se dopo averli accarezzati ci mettevamo le dita in bocca.
Noi che...
i termometri li rompevamo, e le palline di mercurio giravano per tutta casa.
Noi che...
dopo la prima partita c'era la rivincita, e poi la bella, e poi la bella della bella.
Noi che...
giocavamo a 'Indovina Chi?' anche se conoscevi tutti i personaggi a memoria.
Noi che...
sul pullman della gita giocavamo a 'nomi cose e città' (e la città con la D era sempre Domodossola).
Noi che...
con 100 lire ti prendevi una cicca con 500 un pacchetto di figurine dei calciatori.
Noi che...
le cassette della Disney le abbiamo viste così tante volte che ora a distanza di anni sappiamo ancora cosa cantavano Robin Hood e Little John.
Noi che...
in TV guardavamo solo i cartoni animati (e abbiamo avuto la fortuna di vedere la prima serie dei power rangers..l'unica seria!!)
Noi che...
avevamo i cartoni animati belli!!! ma davvero!! quelli di adesso sono così tristi..(come i bambini che hanno solo quelli da guardare, purtroppo..)
Noi che...
litigavamo su chi fosse più forte tra le tartarughe ninja.
Noi che...
cercavamo di far sorridere i sofficini ma si rompevano sempre in 2.
Noi che...
non avevamo il cellulare per andare a parlare in privato.
Noi che...
i messaggini li scrivevamo su dei pezzetti di carta da passare al compagno a nostro rischio e pericolo.
Noi che...
si andava in cabina alla fine della scuola per prendere le schede finite.
Noi che...
c'era la macchina fotografica usa e getta e facevi fino a 20 foto!!!
Noi che...
non era Natale se alla tv non vedevamo la pubblicità della Coca Cola o della Bauli con l'albero decorato annesso.
Noi che...
le palline di natale erano di vetro e si rompevano.
Noi che...
se guardavamo tutto il film fino alle 22:30 eravamo andati a dormire tardissimo!!
Noi che...
guardavamo film dell'orrore anche se si aveva paura (la maggior parte di noi si ricorda IT, trasmesso su canale5..tutti l'hanno guardato nascosti da qualche parte!!)
Noi che...
giocavamo a calcio durante l'intervallo con..qualsiasi cosa!
Noi che...
suonavamo ai campanelli e poi scappavamo.
Noi che...
nelle foto delle gite facevamo le corna ed eravamo sempre sorridenti.
Noi che...
il bagno si poteva fare solo dopo 2 ore che avevi finito di mangiare.
Noi che...
a scuola andavamo con cartelle da 2 quintali e senza rotelle.
Noi che...
quando a scuola c'era l'ora di ginnastica partivamo da casa in tuta e con le scarpette nello zaino.
Noi che...
se a scuola la maestra ti metteva una nota sul diario, a casa era il terrore.
Noi che...
le ricerche le facevamo in biblioteca, mica su Google.
Noi che...
internet non esisteva.
Noi che...
la merenda a scuola te la portavi da casa.
Noi che...
si poteva star fuori in bici il pomeriggio.
Noi che...
se andavi in strada non era così pericoloso.
Noi che...
però sapevamo che erano le 4 perché stava per iniziare BIM BUM BAM.
Noi che...
il primo novembre era 'Tutti i Santi', mica Halloween.
Noi che...
ci manca quel periodo..
Ma che fortuna esserci stati...
Questa 'poesia' è dedicata a tutti quelli che sono stati bambini nel periodo in cui si poteva esserlo...vi ricordate? Adesso i tempi sono cambiati...e i bambini non sono più quelli del nostro periodo...
Noi che...
Dedicato a chi c'era...
Noi che...
ci divertivamo anche facendo 'Strega comanda colore' e 'il lupo mangiafrutta'
Noi che...
facevamo 'Palla Avvelenata'
Noi che...
giocavamo regolarmente a 'Ruba Bandiera' (detto anche 'bandierina').
Noi che...
non ci facevamo mai mancare 'dire fare baciare lettera testamento'.
Noi che...
i pattini avevano 4 ruote e si allungavano quando il piede cresceva.
Noi che...
quando giocavamo col Lego facevamo anche castelli alti 6 piani che nn si smontavano mai.
Noi che...
chi andava in bici senza mani era il più figo.
Noi che...
anche quelli che impennavano però non se la tiravano poco.
Noi che...
suonavamo al campanello per chiedere se c'era l'amico in casa.
Noi che...
facevamo a gara a chi masticava più big babol contemporaneamente.
Noi che...
avevamo adottato gatti e cani randagi (nei casi peggiori bruchi!)che non ci hanno mai attaccato nessuna malattia mortale, anche se dopo averli accarezzati ci mettevamo le dita in bocca.
Noi che...
i termometri li rompevamo, e le palline di mercurio giravano per tutta casa.
Noi che...
dopo la prima partita c'era la rivincita, e poi la bella, e poi la bella della bella.
Noi che...
giocavamo a 'Indovina Chi?' anche se conoscevi tutti i personaggi a memoria.
Noi che...
sul pullman della gita giocavamo a 'nomi cose e città' (e la città con la D era sempre Domodossola).
Noi che...
con 100 lire ti prendevi una cicca con 500 un pacchetto di figurine dei calciatori.
Noi che...
le cassette della Disney le abbiamo viste così tante volte che ora a distanza di anni sappiamo ancora cosa cantavano Robin Hood e Little John.
Noi che...
in TV guardavamo solo i cartoni animati (e abbiamo avuto la fortuna di vedere la prima serie dei power rangers..l'unica seria!!)
Noi che...
avevamo i cartoni animati belli!!! ma davvero!! quelli di adesso sono così tristi..(come i bambini che hanno solo quelli da guardare, purtroppo..)
Noi che...
litigavamo su chi fosse più forte tra le tartarughe ninja.
Noi che...
cercavamo di far sorridere i sofficini ma si rompevano sempre in 2.
Noi che...
non avevamo il cellulare per andare a parlare in privato.
Noi che...
i messaggini li scrivevamo su dei pezzetti di carta da passare al compagno a nostro rischio e pericolo.
Noi che...
si andava in cabina alla fine della scuola per prendere le schede finite.
Noi che...
c'era la macchina fotografica usa e getta e facevi fino a 20 foto!!!
Noi che...
non era Natale se alla tv non vedevamo la pubblicità della Coca Cola o della Bauli con l'albero decorato annesso.
Noi che...
le palline di natale erano di vetro e si rompevano.
Noi che...
se guardavamo tutto il film fino alle 22:30 eravamo andati a dormire tardissimo!!
Noi che...
guardavamo film dell'orrore anche se si aveva paura (la maggior parte di noi si ricorda IT, trasmesso su canale5..tutti l'hanno guardato nascosti da qualche parte!!)
Noi che...
giocavamo a calcio durante l'intervallo con..qualsiasi cosa!
Noi che...
suonavamo ai campanelli e poi scappavamo.
Noi che...
nelle foto delle gite facevamo le corna ed eravamo sempre sorridenti.
Noi che...
il bagno si poteva fare solo dopo 2 ore che avevi finito di mangiare.
Noi che...
a scuola andavamo con cartelle da 2 quintali e senza rotelle.
Noi che...
quando a scuola c'era l'ora di ginnastica partivamo da casa in tuta e con le scarpette nello zaino.
Noi che...
se a scuola la maestra ti metteva una nota sul diario, a casa era il terrore.
Noi che...
le ricerche le facevamo in biblioteca, mica su Google.
Noi che...
internet non esisteva.
Noi che...
la merenda a scuola te la portavi da casa.
Noi che...
si poteva star fuori in bici il pomeriggio.
Noi che...
se andavi in strada non era così pericoloso.
Noi che...
però sapevamo che erano le 4 perché stava per iniziare BIM BUM BAM.
Noi che...
il primo novembre era 'Tutti i Santi', mica Halloween.
Noi che...
ci manca quel periodo..
Ma che fortuna esserci stati...
25.10.08
24.8.08
Old friends became old strangers..
"muoviti, corri qui"
L'ennesimo urlo disturbante, che tu non ti aspetti, che tu non vorresti mai sentire perchè sai che porterà solo sventura alle tue ore future. L'ennesima presa per il culo, una cazzata di più che colma un vaso già strapieno di risentimenti ed ossa rotte dalle puttanate che i tuoi timpani già provati hanno dovuto sentire nell'ultimo mesetto.
Tutto ti aspetteresti, ma non questo: la pubertà, lo sviluppo, i peli sul petto e lo stravolgimento della voce, le prime pulsioni sessuali e gli interessi che si spostano dai giocattoli alle ragazzine, sono solo alcuni dei tanti cambiamenti che ci vengono regalati dalla vita
Alcuni, invece, non sono un regalo richiesto, nemmeno una raccomandata che ci si aspetti, una ricevuta di ritorno per qualcosa di già fatto. Sono una sorpresa, nemmeno tanto gradita, che nemmeno ti aspetteresti, che faresti di tutto per evitare, e con la quale invece ti trovi a sbatterci il muso.
Quando le persone cambiano, quando tornano completamente diverse da come le avevi lasciate, quello ti sconvolge. Fai finta di niente, ma è come se un pezzo delle tue certezze ti avesse irrimediabilmente abbandonato, un approdo sicuro diventa un porto impervio, perchè ogni passo non è come te lo aspetti, ogni insidia è inaspettata e brutalmente inattesa, ti spacca più di un cazzotto ben piantato nel mezzo degli occhi.
E allora inizialmente provi a far finta di nulla, di dimenticare, di trovare mille giustificazioni ad uncomportamento, una parola, un gesto, solo perchè ammettere che il mondo non va avanti come tu vorresti, o almeno come ha fatto finora, non ti piace, e ti fa maledettamente male. Le provi tutte, cazzo, provi e continui ad ingoiare merda nel ricordo di quanto c'è stato, ma non serve a nulla.
un senso in questo ennesimo soliloquio notturno, scritto sul notepad e da incollare eventualmente sul blog, non c'è. Una lezione nemmeno. Cioè, ci sarebbe, ma non conviene saperlo. Fidatevi.
poi, perchè cazzo parlo come se stessi facendo un maledettissimo discorso alla folla, una orazione di successo in una piazza gremita, non lo so.
Forse perchè la cosa mi ha lasciato abbastanza di merda, e voglio persuadere quante più persone possibili che nella vita si cambia, cazzo se si cambia, cambiano macchine abitudini persone posti cose. Solitamente i cambiamenti non ci soddisfano, ma ci deve andar bene così, se non vogliamo scoppiare di bile ed innaffiare con il nostro marciume tutto quanto ci circonda. L'altra via, la più impervia, non la consiglio: libera dalla bile, e dalle compagnie sgradite, ma ha anche la controindicazione di lasciarvi anche libero dalle persone che magari fino a poco tempo fa consideravate pilastri della vostra vita, mentre ultimamente vi siete accorti che hanno meno utilità di un foratino spaccato.
ah, dimenticavo...
Spesso, anzi quasi sempre, siamo noi che cambiamo, ma abbiamo talmente tanta pienezza d'ego, tanta convinzione nelle risposte che puntualmente ci inculchiamo, che siamo sempre convinti che gli altri siano cambiati. Non troviamo il coraggio di guardarci davanti lo specchio, ed ammettere che dietro quella apparenza di baronetto inglese con tanto di cappello e parrucca giace il ritratto di quanto siamo diventati adesso, vecchi decrepiti senza un dente o giovani bonsai pronti a spiccare il volo.
Di certo, siamo cambiati anche noi, e determinate cose ci danno più o meno fastidio che in passato. Ma questa, si sa, è un'altra storia, ed alla gente non piace sentire troppe storie contemporaneamente. But I'm a creep, dice Robert Smith dei Cure in una cover dei Radiohead..
Per lavoro, o per passione, essere qualcosa che non si è..
Esserne coscienti, però...
Spero di esserlo..e spero che tu che non leggerai mai questo frammento, tu che odi i computer perchè non li sai usare, tu che suoni le stesse cose da una vita, tu che vivi nei ricordi di un personaggio che ti sta stretto, te ne possa rendere conto..
L'ennesimo urlo disturbante, che tu non ti aspetti, che tu non vorresti mai sentire perchè sai che porterà solo sventura alle tue ore future. L'ennesima presa per il culo, una cazzata di più che colma un vaso già strapieno di risentimenti ed ossa rotte dalle puttanate che i tuoi timpani già provati hanno dovuto sentire nell'ultimo mesetto.
Tutto ti aspetteresti, ma non questo: la pubertà, lo sviluppo, i peli sul petto e lo stravolgimento della voce, le prime pulsioni sessuali e gli interessi che si spostano dai giocattoli alle ragazzine, sono solo alcuni dei tanti cambiamenti che ci vengono regalati dalla vita
Alcuni, invece, non sono un regalo richiesto, nemmeno una raccomandata che ci si aspetti, una ricevuta di ritorno per qualcosa di già fatto. Sono una sorpresa, nemmeno tanto gradita, che nemmeno ti aspetteresti, che faresti di tutto per evitare, e con la quale invece ti trovi a sbatterci il muso.
Quando le persone cambiano, quando tornano completamente diverse da come le avevi lasciate, quello ti sconvolge. Fai finta di niente, ma è come se un pezzo delle tue certezze ti avesse irrimediabilmente abbandonato, un approdo sicuro diventa un porto impervio, perchè ogni passo non è come te lo aspetti, ogni insidia è inaspettata e brutalmente inattesa, ti spacca più di un cazzotto ben piantato nel mezzo degli occhi.
E allora inizialmente provi a far finta di nulla, di dimenticare, di trovare mille giustificazioni ad uncomportamento, una parola, un gesto, solo perchè ammettere che il mondo non va avanti come tu vorresti, o almeno come ha fatto finora, non ti piace, e ti fa maledettamente male. Le provi tutte, cazzo, provi e continui ad ingoiare merda nel ricordo di quanto c'è stato, ma non serve a nulla.
un senso in questo ennesimo soliloquio notturno, scritto sul notepad e da incollare eventualmente sul blog, non c'è. Una lezione nemmeno. Cioè, ci sarebbe, ma non conviene saperlo. Fidatevi.
poi, perchè cazzo parlo come se stessi facendo un maledettissimo discorso alla folla, una orazione di successo in una piazza gremita, non lo so.
Forse perchè la cosa mi ha lasciato abbastanza di merda, e voglio persuadere quante più persone possibili che nella vita si cambia, cazzo se si cambia, cambiano macchine abitudini persone posti cose. Solitamente i cambiamenti non ci soddisfano, ma ci deve andar bene così, se non vogliamo scoppiare di bile ed innaffiare con il nostro marciume tutto quanto ci circonda. L'altra via, la più impervia, non la consiglio: libera dalla bile, e dalle compagnie sgradite, ma ha anche la controindicazione di lasciarvi anche libero dalle persone che magari fino a poco tempo fa consideravate pilastri della vostra vita, mentre ultimamente vi siete accorti che hanno meno utilità di un foratino spaccato.
ah, dimenticavo...
Spesso, anzi quasi sempre, siamo noi che cambiamo, ma abbiamo talmente tanta pienezza d'ego, tanta convinzione nelle risposte che puntualmente ci inculchiamo, che siamo sempre convinti che gli altri siano cambiati. Non troviamo il coraggio di guardarci davanti lo specchio, ed ammettere che dietro quella apparenza di baronetto inglese con tanto di cappello e parrucca giace il ritratto di quanto siamo diventati adesso, vecchi decrepiti senza un dente o giovani bonsai pronti a spiccare il volo.
Di certo, siamo cambiati anche noi, e determinate cose ci danno più o meno fastidio che in passato. Ma questa, si sa, è un'altra storia, ed alla gente non piace sentire troppe storie contemporaneamente. But I'm a creep, dice Robert Smith dei Cure in una cover dei Radiohead..
Per lavoro, o per passione, essere qualcosa che non si è..
Esserne coscienti, però...
Spero di esserlo..e spero che tu che non leggerai mai questo frammento, tu che odi i computer perchè non li sai usare, tu che suoni le stesse cose da una vita, tu che vivi nei ricordi di un personaggio che ti sta stretto, te ne possa rendere conto..
23.7.08
Una monetina a me, una a te....
Lui, 5, era uno dei tanti centesimi di euro in giro per l'Europa.
Certo, non era una vita facile la sua: snobbato e non considerato da tutti, croce e delizia di commercianti, studenti affamati alle macchinette, casalinghe alle prese con melanzane e zucchine, governatori delle banche d'Italia di tutto il mondo, benzinai..
Spesso a terra, gettato via con noncuranza, al momento giusto, quando c'era da servirsene. Si nascondeva bene, per difendersi dalle cattiverie di un mondo che l'odiava e che non apprezzava tutti i suoi sforzi per entrare a far parte della famiglia delle monete tenute in conto da tutto il resto del mondo.
nemmeno una caramella per un bambino, valeva... Così misero e povero, cercava in tutti i modi di farsi valere.
Un giorno, dopo l'ennesimo dei soprusi (si trovò ad essere strumento di tortura di un bullo, che lo gettava ripetutamente addosso ad un "secchione", reo di non avergli passato il compito di matematica), decise di porre fine a questo strazio, partendo per un lungo viaggio alla ricerca di chi l'aveva preceduto.
A tavola, decise di comunicare la decisione alla sua famiglia; tentò più volte di parlare, ma nessuno lo ascoltava, presi com'erano dalle decisioni governative sui tassi a mutuo fisso. Prese allora il telecomando, spense la televisione e disse a voce piena: "Io questa sera parto". La famiglia, abituata alle stravaganze del figlio, gli diede poco conto, nemmeno quando all'indomani il piccolo 5 salutò mamma 20, papà 50 ed il suo fratello più grande, 10.
Zaino in spalla, si avviava verso l'unico che poteva aiutarlo in questo senso. Nel paese delle lire, trovò un irreale silenzio: tutti, oramai, erano in pensione da qualche anno, ed il paese rispecchiava in pieno questa ormai immobilità forzata. Chiese ad una luccicante banconota la via giusta, ma nemmeno il tempo di girarsi e vide quanto stava cercando: era lì, la casa di 50£, l'unica persona che poteva aiutarlo nella sua personalissima ricerca della felicità.
Suonò il campanello, ed alla porta si presentò un uomo basso e grassoccio, ormai in là con l'età ma con un gaio sorriso, che riusciva a trasmettere allegria già dal primo sguardo, senza aprire bocca. 5 si presentò, venne fatto accomodare all'interno della piccola villetta stile Liberty, affinchè si potesse rifocillare dal lungo viaggio; il nostro, però, aveva fretta, fretta di sapere.
"Ma come fai?" chiese immediatamente a 50£. "Da anni ormai non lavori più, sei sempre stato considerato poco più di zero eppure sei così sorridente... Io sono molto triste, vorrei avere più attenzioni e vorrei essere come te, godere della stima altrui, essere indicato quando passo, ma nessuno bada a me, piccolo ed inutile come sono."
50 lo osservava, sorseggiando il suo thè verde e rivedendo gli incubi della sua giovinezza: "Anche io mi sentivo come te, sai? Piccolo, inutile, senza considerazione. Un giorno, però, andai a finire nelle mani di un bambino. Suo nonno era poverissimo, ma aveva trovato comunque la possibilità di regalare qualcosa al suo nipotino per Natale. Il regalo ero io, una piccola monetina da cinquanta lire che non valeva nulla: eppure, per quel bambino ero la cosa più bella che potesse desiderare, un regalo inaspettato, ero un sorriso che si allargava sotto un albero di Natale. Ero amore, ero passione, ero tutto ciò che prima desideravo. Un giorno quel bambino divenne ricco, ma si dimenticò di quello che era stato: trascurò la famiglia, si trasferì sotto l'onda del suo successo in un paese lontano, si circondò di amici sbagliati. Un giorno, però, suo nonno morì. Il ragazzo, ormai diventato uomo, era cambiato: in me vedeva tutte le scelte sbagliate della sua vita, vedeva il rimpianto per non aver salutato suo nonno prima che se ne andasse. Io ero diventato ormai l'oggetto odiato ed amato allo stesso tempo, lo spauracchio del successo da inseguire a tutti i costi ed il ricordo di una bella giovinezza andata. Mi abbandonò lì, al fianco di suo nonno, a tenergli compagnia".
"E' una storia triste...", replicò 5, che ormai affondava le lacrime in gola per la malasorte toccata al povero ragazzo. "Non riesco però a cogliere il senso di questa lunga introduzione".
"Ragazzo mio, non perdere tempo ad essere quello che non sei, o ad inseguire miraggi di fama e successo. ognuno ha uno scopo, trova il tuo ed inseguilo."
Tornando a casa, rifletteva sulle parole del suo amico: vide dall'altro lato della strada un bambino, che guardava tristemente dentro il suo piccolo borsello. Guardava avidamente un pacco di caramelle, sogno irragiungibile per lui a causa di quei cinque centesimi che aveva smarrito e che adesso mancavano nel borsello, che conteneva i risparmi della sua finora brevissima vita. Non ci pensò due volte: smise lo zaino, e approfittando di una distrazione del ragazzo volò dentro il borsello, deciso a fare la sua buona azione. Non immaginate la faccia del bambino, quando ricontò i soldi e scoprì che la somma finalmente bastava a comprare le famose caramelle!!
Corse al bancone, svuotò il sacchetto davanti al commerciante che sorridendo gli porse le caramelle tanto desiderate.
Come brillava 5 su quel bancone... Era raggiante, aveva visto la scena ed aveva capito immediatamente le parole di 50£. Sorridente come non mai, finì in un angusto cassettino di un registratore di cassa. Con lui, tante monetine sorridenti, quelle dei tanti bambini della città.
Un mare di felicità, composto da tante piccole monetine felici.
Certo, non era una vita facile la sua: snobbato e non considerato da tutti, croce e delizia di commercianti, studenti affamati alle macchinette, casalinghe alle prese con melanzane e zucchine, governatori delle banche d'Italia di tutto il mondo, benzinai..
Spesso a terra, gettato via con noncuranza, al momento giusto, quando c'era da servirsene. Si nascondeva bene, per difendersi dalle cattiverie di un mondo che l'odiava e che non apprezzava tutti i suoi sforzi per entrare a far parte della famiglia delle monete tenute in conto da tutto il resto del mondo.
nemmeno una caramella per un bambino, valeva... Così misero e povero, cercava in tutti i modi di farsi valere.
Un giorno, dopo l'ennesimo dei soprusi (si trovò ad essere strumento di tortura di un bullo, che lo gettava ripetutamente addosso ad un "secchione", reo di non avergli passato il compito di matematica), decise di porre fine a questo strazio, partendo per un lungo viaggio alla ricerca di chi l'aveva preceduto.
A tavola, decise di comunicare la decisione alla sua famiglia; tentò più volte di parlare, ma nessuno lo ascoltava, presi com'erano dalle decisioni governative sui tassi a mutuo fisso. Prese allora il telecomando, spense la televisione e disse a voce piena: "Io questa sera parto". La famiglia, abituata alle stravaganze del figlio, gli diede poco conto, nemmeno quando all'indomani il piccolo 5 salutò mamma 20, papà 50 ed il suo fratello più grande, 10.
Zaino in spalla, si avviava verso l'unico che poteva aiutarlo in questo senso. Nel paese delle lire, trovò un irreale silenzio: tutti, oramai, erano in pensione da qualche anno, ed il paese rispecchiava in pieno questa ormai immobilità forzata. Chiese ad una luccicante banconota la via giusta, ma nemmeno il tempo di girarsi e vide quanto stava cercando: era lì, la casa di 50£, l'unica persona che poteva aiutarlo nella sua personalissima ricerca della felicità.
Suonò il campanello, ed alla porta si presentò un uomo basso e grassoccio, ormai in là con l'età ma con un gaio sorriso, che riusciva a trasmettere allegria già dal primo sguardo, senza aprire bocca. 5 si presentò, venne fatto accomodare all'interno della piccola villetta stile Liberty, affinchè si potesse rifocillare dal lungo viaggio; il nostro, però, aveva fretta, fretta di sapere.
"Ma come fai?" chiese immediatamente a 50£. "Da anni ormai non lavori più, sei sempre stato considerato poco più di zero eppure sei così sorridente... Io sono molto triste, vorrei avere più attenzioni e vorrei essere come te, godere della stima altrui, essere indicato quando passo, ma nessuno bada a me, piccolo ed inutile come sono."
50 lo osservava, sorseggiando il suo thè verde e rivedendo gli incubi della sua giovinezza: "Anche io mi sentivo come te, sai? Piccolo, inutile, senza considerazione. Un giorno, però, andai a finire nelle mani di un bambino. Suo nonno era poverissimo, ma aveva trovato comunque la possibilità di regalare qualcosa al suo nipotino per Natale. Il regalo ero io, una piccola monetina da cinquanta lire che non valeva nulla: eppure, per quel bambino ero la cosa più bella che potesse desiderare, un regalo inaspettato, ero un sorriso che si allargava sotto un albero di Natale. Ero amore, ero passione, ero tutto ciò che prima desideravo. Un giorno quel bambino divenne ricco, ma si dimenticò di quello che era stato: trascurò la famiglia, si trasferì sotto l'onda del suo successo in un paese lontano, si circondò di amici sbagliati. Un giorno, però, suo nonno morì. Il ragazzo, ormai diventato uomo, era cambiato: in me vedeva tutte le scelte sbagliate della sua vita, vedeva il rimpianto per non aver salutato suo nonno prima che se ne andasse. Io ero diventato ormai l'oggetto odiato ed amato allo stesso tempo, lo spauracchio del successo da inseguire a tutti i costi ed il ricordo di una bella giovinezza andata. Mi abbandonò lì, al fianco di suo nonno, a tenergli compagnia".
"E' una storia triste...", replicò 5, che ormai affondava le lacrime in gola per la malasorte toccata al povero ragazzo. "Non riesco però a cogliere il senso di questa lunga introduzione".
"Ragazzo mio, non perdere tempo ad essere quello che non sei, o ad inseguire miraggi di fama e successo. ognuno ha uno scopo, trova il tuo ed inseguilo."
Tornando a casa, rifletteva sulle parole del suo amico: vide dall'altro lato della strada un bambino, che guardava tristemente dentro il suo piccolo borsello. Guardava avidamente un pacco di caramelle, sogno irragiungibile per lui a causa di quei cinque centesimi che aveva smarrito e che adesso mancavano nel borsello, che conteneva i risparmi della sua finora brevissima vita. Non ci pensò due volte: smise lo zaino, e approfittando di una distrazione del ragazzo volò dentro il borsello, deciso a fare la sua buona azione. Non immaginate la faccia del bambino, quando ricontò i soldi e scoprì che la somma finalmente bastava a comprare le famose caramelle!!
Corse al bancone, svuotò il sacchetto davanti al commerciante che sorridendo gli porse le caramelle tanto desiderate.
Come brillava 5 su quel bancone... Era raggiante, aveva visto la scena ed aveva capito immediatamente le parole di 50£. Sorridente come non mai, finì in un angusto cassettino di un registratore di cassa. Con lui, tante monetine sorridenti, quelle dei tanti bambini della città.
Un mare di felicità, composto da tante piccole monetine felici.
20.7.08
Caparezza, Puglia, 2008
Vieni a ballare in Puglia Puglia Puglia, tremulo come una foglia foglia foglia.
Tieni la testa alta quando passi vicino alla gru perchè può capitare che si stacchi e venga giù.
Ehy turista so che tu resti in questo posto italico. Attento! Tu passi il valico ma questa terra ti manda al manicomio.
Mare adriatico e Jonio, vuoi respirare lo iodio ma qui nel golfo c'è puzza di zolfo, che sta arrivando il demonio.
Abbronzatura da paura con la diossina dell'ILVA. Qua ti vengono pois più rossi di Milva e dopo assomigli alla Pimpa.
Nella zona spacciano la morìa più buona. C'è chi ha fumato veleni all'ENI, chi ha lavorato ed è andato in coma. Fuma persino il Gargano, con tutte quelle foreste accese.
Turista tu balli e canti, io conto i defunti di questo paese. Dove quei furbi che fanno le imprese, non badano a spese, pensano che il protocollo di Kyoto sia un film erotico giapponese.
RIT: Vieni a ballare in Puglia Puglia Puglia dove la notte è buia buia buia. Tanto che chiudi le palpebre e non le riapri più.
Vieni a ballare e grattati le palle pure tu che devi ballare in Puglia Puglia Puglia, tremulo come una foglia foglia foglia.
Tieni la testa alta quando passi vicino alla gru perché può capitare che si stacchi e venga giù.
E' vero, qui si fa festa, ma la gente è depressa e scarica. Ho un amico che per ammazzarsi ha dovuto farsi assumere in fabbrica. Tra un palo che cade ed un tubo che scoppia in quella bolgia si accoppa chi sgobba e chi non sgobba si compra la roba e si sfonda finché non ingombra la tomba.
Vieni a ballare compare nei campi di pomodori dove la mafia schiavizza i lavoratori, e se ti ribelli vai fuori. Rumeni ammassati nei bugigattoli come pelati nei barattoli. Costretti a subire i ricatti di uomini grandi ma come coriandoli.
Turista tu resta coi sandali, non fare scandali se siamo ingrati e ci siamo dimenticati d'essere figli di emigrati. Mortificati, non ti rovineremo la gita.
Su, passa dalla Puglia, passa a miglior vita.
RIT: Vieni a ballare in Puglia Puglia Puglia dove la notte è buia buia buia. Tanto che chiudi le palpebre e non le riapri più.
Vieni a ballare e grattati le palle pure tu che devi ballare in Puglia Puglia Puglia dove ti aspetta il boia boia boia.
Agli angoli delle strade spade più di re Artù, si apre la voragine e vai dritto a Belzebù.
O Puglia Puglia mia tu Puglia mia, ti porto sempre nel cuore quando vado via e subito penso che potrei morire senza te.
E subito penso che potrei morire anche con te.
So far...
Dal suo balcone sulla piazza principale, Frank vedeva la pioggia cadere lenta in una notte d'estate, tra grilli e televisioni che urlano dalle stanza di vecchi insonni. La nostalgia, la voglia di partire, si mescolavano a dovere con l'odore di terra tipico degli acquazzoni estivi e con la luna piena che rimanda ad amori lontani, ai naviganti in mezzo al mare che non hanno altra compagnia che quella palla biancastra che illumina profili di solitudini e storie lasciate a metà e famiglie abbandonate al loro destino.
Il ghiaccio nel bicchiere di Frank iniziava ad annacquare eccessivamente il suo scotch: bevve d'un sorso, ascoltando i consigli che Cammariere gli dispensava gratuitamente attraverso le sue canzoni d'amore. Mai aveva accettato consigli, men che meno lo avrebbe fatto ora che non c'era niente di sbagliato, solo tanti chilometri, tanta distanza, tanta voglia di stare insieme ostacolata dalle circostanze del caso.
La odiava questa parola, Frank, circostanze. Ognuno sceglia cosa fare della sua vita, nulla accade per caso, tutto fa parte di un disegno minimo e pur circostanziato che coinvolge protagonisti principali e marginali di un progetto di vita nato tra i due chili ed otto e i tre chili e sette, in media. Il resto, lo si mette a punto con il tempo... I mille crocicchi che prendiamo, le miriadi di scelte che facciamo, sono frutto di tentennamenti e indecisioni, infine di scelte.
Le circostanze, insomma, sono il frutto delle nostre scelte.
Allora, perchè le sue scelte lo portavano a stare così male? cioè, non male.. però, non bene..
Stava pensando troppo, ed il pensare troppo era il preludio ad una cazzata. La sentiva arrivare, era vicina. la presenza della cazzata era palpabile nell'aria.
Afferrò il telefono, ma non fece il solito numero: stavolta, ne fece un'altro, che non faceva da un sacco di tempo, ma che ricordava ancora a memoria.
"Ciao, da quanto tempo? senti, volevo parlarti, hai due minuti per me stasera?"
Prese il soprabito, diretto verso un appuntamento che non avrebbe dovuto prendere. Confermando le sue teorie sulle circostanze.
Il ghiaccio nel bicchiere di Frank iniziava ad annacquare eccessivamente il suo scotch: bevve d'un sorso, ascoltando i consigli che Cammariere gli dispensava gratuitamente attraverso le sue canzoni d'amore. Mai aveva accettato consigli, men che meno lo avrebbe fatto ora che non c'era niente di sbagliato, solo tanti chilometri, tanta distanza, tanta voglia di stare insieme ostacolata dalle circostanze del caso.
La odiava questa parola, Frank, circostanze. Ognuno sceglia cosa fare della sua vita, nulla accade per caso, tutto fa parte di un disegno minimo e pur circostanziato che coinvolge protagonisti principali e marginali di un progetto di vita nato tra i due chili ed otto e i tre chili e sette, in media. Il resto, lo si mette a punto con il tempo... I mille crocicchi che prendiamo, le miriadi di scelte che facciamo, sono frutto di tentennamenti e indecisioni, infine di scelte.
Le circostanze, insomma, sono il frutto delle nostre scelte.
Allora, perchè le sue scelte lo portavano a stare così male? cioè, non male.. però, non bene..
Stava pensando troppo, ed il pensare troppo era il preludio ad una cazzata. La sentiva arrivare, era vicina. la presenza della cazzata era palpabile nell'aria.
Afferrò il telefono, ma non fece il solito numero: stavolta, ne fece un'altro, che non faceva da un sacco di tempo, ma che ricordava ancora a memoria.
"Ciao, da quanto tempo? senti, volevo parlarti, hai due minuti per me stasera?"
Prese il soprabito, diretto verso un appuntamento che non avrebbe dovuto prendere. Confermando le sue teorie sulle circostanze.
2.7.08
Zimbabwe a San Marco Argentano
Spesso, un cronista si trova a dover assistere, nella sua vita, a delle scene che difficilmente dimenticherà. Morte, distruzioni, tragedie... o enorme ignoranza.
Questo che leggerete è solo un piccolo resoconto di un elogio alla follia girato da un manipolo di folli e che spero vi faccia rendere conto di come le dittature, siano esse in Zimbabwe o in Bulgaria, non sono così lontane dalla realtà quotidiana.
Un consiglio comunale di un piccolo centro del cosentino, San Marco Argentano appunto, si trova nella posizione di dover deliberare su un piano strutturale, che andrà a decidere la destinazione d'uso e la fisionomia del territorio negli anni a venire: decisione importante, che merita attenzione e pianificazione estrema.
Dopo l'apertura dei lavori e le presentazioni di rito, la minoranza chiede un rinvio, poichè ha avuto i documenti solo due giorni prima e non ha potuto consultarli. Richiesta legittima, dieci giorni alla fine non sono nulla.
Però, tutto è pronto e si deve ormai procedere: un consigliere di maggioranza si alza dalla sua sedia, dicendo: "E che c'entra... Capisco che la minoranza non abbia avuto modo di leggere, ma figurati.. Non l'ho letto nemmeno io, nemmeno io ce l'ho".
Peccato, però, che la sua firma si trovi tra quelle che, in giunta, hanno analizzato ed approvato quello stesso documento.
L'opposizione continua a lamentarsi: "giovedì scorso c'è stato un incontro della commissione edilizia, per discutere di queste linee guida. I consiglieri, però, non sapevano nemmeno di cosa si parlasse, visto che non avevano ancora i documenti, che gli hanno dato solo la mattina dopo, quindi hanno deciso di disertare i lavori".
Maggioranza spaccata: chi vuol concedere il rinvio, chi invece preferisce votare. Sfruttando l'impasse del momento, un consigliere (sempre il genio di prima, quello della relazione, tranquilli...) si alza dicendo: "cari colleghi, io vi dico che questa relazione va votata! Chiedo la sospensione per permettere al gruppo di maggioranza di confrontarsi, e se non si farà, io abbandono le votazioni".
Tutti, tra gli sguardi sbigottiti di chi assisteva, annuiscono e sospendono la seduta.
Dopo venti lunghissimi minuti, il Consiglio si riapre: si va alla votazione, si approvaa il piano ed alla minoranza no nresta, sola ed impossibilitata a fare altro, ad abbandonare l'aula per segno di protesta.
un editto bulgaro, diranno in molti abbandonando palazzo Santa Chiara.
Mugabe, come vedete, non è molto lontano...
Questo che leggerete è solo un piccolo resoconto di un elogio alla follia girato da un manipolo di folli e che spero vi faccia rendere conto di come le dittature, siano esse in Zimbabwe o in Bulgaria, non sono così lontane dalla realtà quotidiana.
Un consiglio comunale di un piccolo centro del cosentino, San Marco Argentano appunto, si trova nella posizione di dover deliberare su un piano strutturale, che andrà a decidere la destinazione d'uso e la fisionomia del territorio negli anni a venire: decisione importante, che merita attenzione e pianificazione estrema.
Dopo l'apertura dei lavori e le presentazioni di rito, la minoranza chiede un rinvio, poichè ha avuto i documenti solo due giorni prima e non ha potuto consultarli. Richiesta legittima, dieci giorni alla fine non sono nulla.
Però, tutto è pronto e si deve ormai procedere: un consigliere di maggioranza si alza dalla sua sedia, dicendo: "E che c'entra... Capisco che la minoranza non abbia avuto modo di leggere, ma figurati.. Non l'ho letto nemmeno io, nemmeno io ce l'ho".
Peccato, però, che la sua firma si trovi tra quelle che, in giunta, hanno analizzato ed approvato quello stesso documento.
L'opposizione continua a lamentarsi: "giovedì scorso c'è stato un incontro della commissione edilizia, per discutere di queste linee guida. I consiglieri, però, non sapevano nemmeno di cosa si parlasse, visto che non avevano ancora i documenti, che gli hanno dato solo la mattina dopo, quindi hanno deciso di disertare i lavori".
Maggioranza spaccata: chi vuol concedere il rinvio, chi invece preferisce votare. Sfruttando l'impasse del momento, un consigliere (sempre il genio di prima, quello della relazione, tranquilli...) si alza dicendo: "cari colleghi, io vi dico che questa relazione va votata! Chiedo la sospensione per permettere al gruppo di maggioranza di confrontarsi, e se non si farà, io abbandono le votazioni".
Tutti, tra gli sguardi sbigottiti di chi assisteva, annuiscono e sospendono la seduta.
Dopo venti lunghissimi minuti, il Consiglio si riapre: si va alla votazione, si approvaa il piano ed alla minoranza no nresta, sola ed impossibilitata a fare altro, ad abbandonare l'aula per segno di protesta.
un editto bulgaro, diranno in molti abbandonando palazzo Santa Chiara.
Mugabe, come vedete, non è molto lontano...
26.6.08
sconnesso
Burc fa rima con Burp.. così, per assonanza, potresti confonderli..
uno è un bollettino, l'altro semplicemente un rutto..
Rosso trevi, performances, arte e non arte, drippage e decollage, Rotella, Sironi, BoccioniBallaMarinettiIlFuturismo!!!!!Velocivelocivelocicheiltemposcorre..
festina lente, affrettati lentamente, Marziale
Il tutto, come si può ben vedere, è diverso dalla somma delle parti.
uno è un bollettino, l'altro semplicemente un rutto..
Rosso trevi, performances, arte e non arte, drippage e decollage, Rotella, Sironi, BoccioniBallaMarinettiIlFuturismo!!!!!Velocivelocivelocicheiltemposcorre..
festina lente, affrettati lentamente, Marziale
Il tutto, come si può ben vedere, è diverso dalla somma delle parti.
26.5.08
More than words, indiano
Close your eyes and just reach out your hands..
Vorrei davvero farlo, in questo accenno di notte che tarda ad arrivare, tra zanzare impazienti di estate e pazzi che aspettano solo il caldo per poter dare l'ennesima giustificazione alla loro malattia.
Un pensiero stupendo accorre veloce e caldo nella mente di una coppia di quattordicenni, lontani solo poche mura per poter soddisfare il richiamo di una carne che prepotentemente toglie ogni volontà sul libero arbitrio e sulla pubblica decenza.
La buoncostume non sarà felice di tutto ciò.. Non vedono la realtà, probabilmente.
Non vedono quanta vita c'è nell'aria, in ogni gesto, in ogni manifesto affisso ai muri, in ogni cartaccia che rotola per strada.
Esudorielacrimeerealtàchetornaabussareallatuaportasottoformadidesiderio.
desiderio
volontà
realtà
ricerca
invisibilità
Quante volte avrei preferito prendere il volo, via da questa miseria. Portato via, correre via dalla mia voglia di vivere. Frank (si, proprio lui..) sentiva il bisogno di vivere di nuovo, di allontanarsi dalla sua zavorra terrena.
Zumpappà! Zumpappà! ZUMPAPPA'!!
Incurante dello stato di salute dopo questa bravata del suo soprabito beige, si buttò a capofitto all'interno della pozzanghera formatasi per strada, proprio davanti al suo ufficio.
Un saalto, poi un altro, adesso a piedi uniti, Frank sentiva dentro di se la vita e la forza, come un tredicenne incurante di tutto e di tutti sentiva il fango arrivare ad incrostare fin sopra i capelli, sporcando la giacca, la borsa di pelle regalata il giorno della laaurea (era ora di cambiarla, sai?) e i mocassini, che avevano ormai assunto la faccia di chi sa di essersi trovato nel posto sbagliato al momento sbagliato, come un temporale estivo su una coppia di fedifraghi quarantenni.
Anche lui, come loro, avrebbe dovuto rendere conto dell'imprevisto?
Ebbe paura che fosse tutto un sogno.. si chinò sull'acqua, la toccò con le dita e si passò sulle guance il fango rimastogli sulla mano, a mo' di indiano.
"Ahuaahuh huh uhauh uhaaaaaaaaaaaaa", andava gridando per la città sottile e deserta.
Buonanotte, Geronimo.
Vorrei davvero farlo, in questo accenno di notte che tarda ad arrivare, tra zanzare impazienti di estate e pazzi che aspettano solo il caldo per poter dare l'ennesima giustificazione alla loro malattia.
Un pensiero stupendo accorre veloce e caldo nella mente di una coppia di quattordicenni, lontani solo poche mura per poter soddisfare il richiamo di una carne che prepotentemente toglie ogni volontà sul libero arbitrio e sulla pubblica decenza.
La buoncostume non sarà felice di tutto ciò.. Non vedono la realtà, probabilmente.
Non vedono quanta vita c'è nell'aria, in ogni gesto, in ogni manifesto affisso ai muri, in ogni cartaccia che rotola per strada.
Esudorielacrimeerealtàchetornaabussareallatuaportasottoformadidesiderio.
desiderio
volontà
realtà
ricerca
invisibilità
Quante volte avrei preferito prendere il volo, via da questa miseria. Portato via, correre via dalla mia voglia di vivere. Frank (si, proprio lui..) sentiva il bisogno di vivere di nuovo, di allontanarsi dalla sua zavorra terrena.
Zumpappà! Zumpappà! ZUMPAPPA'!!
Incurante dello stato di salute dopo questa bravata del suo soprabito beige, si buttò a capofitto all'interno della pozzanghera formatasi per strada, proprio davanti al suo ufficio.
Un saalto, poi un altro, adesso a piedi uniti, Frank sentiva dentro di se la vita e la forza, come un tredicenne incurante di tutto e di tutti sentiva il fango arrivare ad incrostare fin sopra i capelli, sporcando la giacca, la borsa di pelle regalata il giorno della laaurea (era ora di cambiarla, sai?) e i mocassini, che avevano ormai assunto la faccia di chi sa di essersi trovato nel posto sbagliato al momento sbagliato, come un temporale estivo su una coppia di fedifraghi quarantenni.
Anche lui, come loro, avrebbe dovuto rendere conto dell'imprevisto?
Ebbe paura che fosse tutto un sogno.. si chinò sull'acqua, la toccò con le dita e si passò sulle guance il fango rimastogli sulla mano, a mo' di indiano.
"Ahuaahuh huh uhauh uhaaaaaaaaaaaaa", andava gridando per la città sottile e deserta.
Buonanotte, Geronimo.
25.5.08
I hate..
- I dossi, soprattutto quelli nuovi e appena fatti che ti spaccano le sospensioni
- Le persone false e ipocrite, quelle che le tentano tutte per metterti in cattiva luce in qualche modo
- Le persone che non ti dicono realmente quello che pensano, ma che dietro ad una facciata like Pulcinella's style ti fottono alla grande
- La polizia municipale
- Fare la fila
- Il caldo
- Le scarpe di mio fratello
- Il Fernet Branca
- I film francesi e la giuria del festival di Cannes, di qualsiasi anno
- I napoletani che non vogliono ne la spazzatura ne le discariche ne i termovalorizzatori
- Chi nel campo passa la palla in orizzontale a centrocampo
- La persiana rotta di stanza mia
- Le vecchie cacacazzo
- i moralizzatori
- chi si fa i cazzi miei senza una apparente e valida giustificazione
- Le intolleranze alimentari
- La batteria del cellulare che ti si scarica
- Essere così fastidiosamente uguale a te stesso
- I telecomandi scarichi, che non funzionano o che non si trovano
- accorgersi che qualcuno ha frugato nelle tue cose
- le mode
- il sudore che mi si attacca ai vestiti
- non poter arrivare a ciò che voglio per ragioni esterne alle mie capacità
La lista sarà continuamente modificata, per far rendere conto a tutti che elemento sono..
23.5.08
Fammi volare..
"Come fosse l'America.."
Un brivido le corse lungo la schiena, sentendo le vibranti note di Carmen Consoli unirsi alla voce grintosa di Gianna Nannini. Voleva volare,voleva correre via con lei che era quanto di meglio potesse desiderare in una vita che gi aveva riservato esclusivamente delusioni e lacrime.
Già pregustava il momento, tutta la solitudine e la tristezza che un momento del genere avrebbe suscitato negli occhi di tutti, negli occhi di chiunque si fosse trovato ad osservare quella scena e che, per lui, era il miglior ending per una storia scritta male e sceneggiata ancor peggio.
Una corta di nylon, un pezzo di ferro, poco sarebbe bastato a scrivere quell'ultimo atto: i suoi vestiti sgualciti, i suoi capelli sporchi e radi, il buco ai lati delle sue Converse, avrebbero decisamente fatto il resto.
Rubò una Panda, per muoversi alla ricerca di tutto l'occorrente, considerando soprattutto la scarsa fiducia che ormai gli rimaneva in determinati ambienti e che avrebbe caratterizzato l'unica difficoltà degna di nota nella riuscita finale dell'impresa. Non un senegalese, un cingalese, un extracomunitario qualunque avrebbe prestato il pennello per scrivere la parola fine: un professore di economia, cinquantaseienne, a prestare la mano per l'ultima pennellata.
Diede il dovuto, mentre Mina dalla radio gli diceva "Arrivederci, amore, ciao".
Una lacrima sgorgò sulle sue gote consumate, la pelle d'oca su quel lembo di pelle rimasto stranamente integro rispetto alla consunzione del corpo: decise di abbandonare l'auto lì vicino, un ultimo gesto di misericordia verso chi l'aveva aiutato in quella impresa triste, solitaria e finale.
Si isolò, e cercò di ricreare alla perfezione tutte le scene che la sua immaginazione aveva creato nelle ore precedenti. L'orario era quello, le tre e mezza, i minuti precisi potevano andarsene a farsi fottere, d'altronde non era mica un bancario depresso, era solo un ex-giovane dal vissuto particolarmente difficoltoso.
un vicolo buio, un cassonetto ed un manifesto elettorale mezzo strappato sul muro. Niente alcool, voleva restare lucido.. A terra, riverso e poggiato con le spalle al muro davanti ad una pozza di acqua misto fango.. i lacci delle converse fuori dai buchi.. già, i buchi..
Tutto era ormai pronto.
Il nylon da pesca utilizzato da laccio emostatico stringeva il braccio. L'ago brillava alla luce di un fioco lampione mentre attraversava l'epidermide prima di raggiungere la vena.
"E' andata così, niente drammi", pensava premendo la merda nel suo corpo.
"Fammi volare, fammi l'amore.. come fosse l'america"
Tornava da lei, l'aveva detto.. Questo avrebbe detto alla polizia l'amico accorso per i riconoscimenti di rito.. Il sorriso sul suo viso disegnava finalmente una pace ritrovata, in the last hole..
"Brigadiere Cioffi, ci siamo?" chiese Marradi al suo sottoposto.
"Speriamo che la ritrovi, capitano. Speriamo che la ritrovi, e che torni a volare. Se non a volare, almeno a sollevarsi dalla merda che aveva intorno".
Un brivido le corse lungo la schiena, sentendo le vibranti note di Carmen Consoli unirsi alla voce grintosa di Gianna Nannini. Voleva volare,voleva correre via con lei che era quanto di meglio potesse desiderare in una vita che gi aveva riservato esclusivamente delusioni e lacrime.
Già pregustava il momento, tutta la solitudine e la tristezza che un momento del genere avrebbe suscitato negli occhi di tutti, negli occhi di chiunque si fosse trovato ad osservare quella scena e che, per lui, era il miglior ending per una storia scritta male e sceneggiata ancor peggio.
Una corta di nylon, un pezzo di ferro, poco sarebbe bastato a scrivere quell'ultimo atto: i suoi vestiti sgualciti, i suoi capelli sporchi e radi, il buco ai lati delle sue Converse, avrebbero decisamente fatto il resto.
Rubò una Panda, per muoversi alla ricerca di tutto l'occorrente, considerando soprattutto la scarsa fiducia che ormai gli rimaneva in determinati ambienti e che avrebbe caratterizzato l'unica difficoltà degna di nota nella riuscita finale dell'impresa. Non un senegalese, un cingalese, un extracomunitario qualunque avrebbe prestato il pennello per scrivere la parola fine: un professore di economia, cinquantaseienne, a prestare la mano per l'ultima pennellata.
Diede il dovuto, mentre Mina dalla radio gli diceva "Arrivederci, amore, ciao".
Una lacrima sgorgò sulle sue gote consumate, la pelle d'oca su quel lembo di pelle rimasto stranamente integro rispetto alla consunzione del corpo: decise di abbandonare l'auto lì vicino, un ultimo gesto di misericordia verso chi l'aveva aiutato in quella impresa triste, solitaria e finale.
Si isolò, e cercò di ricreare alla perfezione tutte le scene che la sua immaginazione aveva creato nelle ore precedenti. L'orario era quello, le tre e mezza, i minuti precisi potevano andarsene a farsi fottere, d'altronde non era mica un bancario depresso, era solo un ex-giovane dal vissuto particolarmente difficoltoso.
un vicolo buio, un cassonetto ed un manifesto elettorale mezzo strappato sul muro. Niente alcool, voleva restare lucido.. A terra, riverso e poggiato con le spalle al muro davanti ad una pozza di acqua misto fango.. i lacci delle converse fuori dai buchi.. già, i buchi..
Tutto era ormai pronto.
Il nylon da pesca utilizzato da laccio emostatico stringeva il braccio. L'ago brillava alla luce di un fioco lampione mentre attraversava l'epidermide prima di raggiungere la vena.
"E' andata così, niente drammi", pensava premendo la merda nel suo corpo.
"Fammi volare, fammi l'amore.. come fosse l'america"
Tornava da lei, l'aveva detto.. Questo avrebbe detto alla polizia l'amico accorso per i riconoscimenti di rito.. Il sorriso sul suo viso disegnava finalmente una pace ritrovata, in the last hole..
"Brigadiere Cioffi, ci siamo?" chiese Marradi al suo sottoposto.
"Speriamo che la ritrovi, capitano. Speriamo che la ritrovi, e che torni a volare. Se non a volare, almeno a sollevarsi dalla merda che aveva intorno".
16.5.08
'till the morning..
Torno qui dopo un paio di mesi, a scrivere..
non so perchè, onestamente, sento soltanto di doverlo fare, trascinato da una canzone che dire triste è poco, scrivo perchè, a mio avviso, in questo mondo c'è davvero bisogno di qualcuno che scriva. C'è gente, tanta gente, che legge ormai senza piacere, ha dimenticato il piacere della lettura: ormai, per tutti noi, leggere è un'operazione talmente automatica, talmente immediata, che ci sembra inutile. Spesso, dopo aver letto una pagina di televideo, un articolo di giornale, il bugiardino dell'ennesimo ansiolitico che ci calmerà quel marcio che abbiamo dentro, non ricordiamo nemmeno il contenuto della nostra lettura. Abbiamo letto, e questo è quanto ci interessa.
Poi scopri che la pagina di televideo diceva fesserie, l'articolo altro non è che una presa in giro per deviare momentaneamente la nostra attenzione, l'ansiolitico altro non è che una mistura di acqua e zucchero colorata di blu e inserita dentro un impasticcatore; il suo effetto, ci diranno, non è dato da altro che dalla nostra voglia di guarire, anzi dalla nostra voglia di trovare un rimedio alle nostre malattie.
E allora, di cosa siamo malati? e soprattutto, cosa leggiamo?
Leggiamo quanto vogliamo veder scritto.
E loro, di conseguenza, scrivono quello che ci piace leggere.
In un quadro così desolante, resta una sola cosa da fare, per evitare che la fregatura sia completa. Fare in modo che quanto leggiamo, sia davvero quello che noi vogliamo leggere, e non Quello Che Altri Hanno Deciso Che Noi In Questa Settimana Vorremmo Leggere.
Così, almeno, facciamo finta di portare a termine la nostra piccola missione quotidiana: farci fottere il meno possibile.
with love, or almost with affect..
gioffo
non so perchè, onestamente, sento soltanto di doverlo fare, trascinato da una canzone che dire triste è poco, scrivo perchè, a mio avviso, in questo mondo c'è davvero bisogno di qualcuno che scriva. C'è gente, tanta gente, che legge ormai senza piacere, ha dimenticato il piacere della lettura: ormai, per tutti noi, leggere è un'operazione talmente automatica, talmente immediata, che ci sembra inutile. Spesso, dopo aver letto una pagina di televideo, un articolo di giornale, il bugiardino dell'ennesimo ansiolitico che ci calmerà quel marcio che abbiamo dentro, non ricordiamo nemmeno il contenuto della nostra lettura. Abbiamo letto, e questo è quanto ci interessa.
Poi scopri che la pagina di televideo diceva fesserie, l'articolo altro non è che una presa in giro per deviare momentaneamente la nostra attenzione, l'ansiolitico altro non è che una mistura di acqua e zucchero colorata di blu e inserita dentro un impasticcatore; il suo effetto, ci diranno, non è dato da altro che dalla nostra voglia di guarire, anzi dalla nostra voglia di trovare un rimedio alle nostre malattie.
E allora, di cosa siamo malati? e soprattutto, cosa leggiamo?
Leggiamo quanto vogliamo veder scritto.
E loro, di conseguenza, scrivono quello che ci piace leggere.
In un quadro così desolante, resta una sola cosa da fare, per evitare che la fregatura sia completa. Fare in modo che quanto leggiamo, sia davvero quello che noi vogliamo leggere, e non Quello Che Altri Hanno Deciso Che Noi In Questa Settimana Vorremmo Leggere.
Così, almeno, facciamo finta di portare a termine la nostra piccola missione quotidiana: farci fottere il meno possibile.
with love, or almost with affect..
gioffo
17.2.08
Orme
Frank prese "la strada maestra", come il nostro chiamava la strada che portava a casa di Billie. Aveva, in verità, poche speranze di trovarla lì. Negli ultimi tempi, spesso aveva preso strade diverse e trasverse che l'avevano portata sempre lontano da casa sua. Le rare volte che Frank, ubriaco, aveva provato a cercarla, al suo citofono rispondeva sempre il fonte genetico da buttare della famiglia Holliday, la sorella Betsy, la sua voce acida a scompensare il già freddo gracchiare dell'apparecchio nei neuroni ubriachi di Frank. Billie lavorava, Billie era un'hostess, Billie vedeva e non vedeva il mondo.
Arrivò sotto il portone, si accese una sigaretta indeciso sul da farsi; la voglia di bussare era tanta, di correre su per le scale e stringerla alle sue braccia come da buon finale da film anni '30, e di baciarla con un trasporto ttale che Rodolfo Valentino sarebbe impallidito. Il fumo, nella fredda e umida aria di quella sera nevosa, saliva lento, e pareva permanere nell'aria gelida prima di disperdersi per sempre assottigliandosi sotto gli occhi di Frank, che ora pareva invidiare la natura fuggevole di quel misero filino di fumo e cenere. Chissà se Billie, dall'aereo di linea di turno, riusciva a vedere, a sentire, a percepire il fumo che Frank stava buttando fuori dai suoi polmoni, chissà se percepiva il calore ritrovato in quella notte nevosa.
Fissò l'indice che aveva la responsabilità di suonare il campanello, nella eterna indecisione che ancora una volta lo frenava; d'altronde, pensava Frank, lei avrebbe comunque visto le orme nella neve, che percorrevano i duecento e più passi che distanziavano le due case. Le sarebbe bastato alzarelo sguardo, seguire con un po' di sforzo le impronte di quelle scarpe così poco adatte per le attuali condizioni climatiche, ed avrebbe scoperto il visitatore notturno.
Suonò il campanello, con decisione, una, due volte. Nessuna voce rispose da dietro l'apparecchio, lasciando in lui una punta di delusione. Una sola sillaba, proferita da quella voce, avrebbe dato senso alle decisioni prese in quell'ultima mezz'ora, alle sue riflessioni, al suo finalmente ritrovato calore. Accendendosi quella che sarebbe stata l'ultima sigaretta della serata, si avviò mesto verso casa.
Infilò le chiavi con imbarazzo ed attenzione, evitando di far scolare il suo cappello ed il suo cappotto sul parquet che aveva sempre odiato, così difficile da pulire. Poi, come un lampo, gettò tutto sul divano alla disperata ricerca del cordless, immancabilmente finito tra i cuscini del divano come ogni volta che Frank lo cercava e non riusciva a trovarlo.
0524-23445. I bip si rincorrevano dietro la cornetta, attraversando i fili. Billie non era a casa, l'odiata Betsy - per fortuna - nemmeno. Si attaccò la segreteria, Frank non sperava altro.
Con la bocca impastata, al laconico bip che lasciava lo spazio al messaggio dell'utente, Frank disse, come un bambino spaurito, poche parole: "E' tornato, è tornato da me. Il mio calore ti aspetta..."
Frank abbassò la cornetta, il clic metallico per qualche strano motivo lo spaventò e lo fece leggermente sobbalzare.
Andò in bagno, si sciacquò il viso con l'acqua bollente, e pensò a lei.. Chissà se da lassù, dal freddo di una cabina aerea, si vedeva qualcosa. I dettagli, come appaiono dall'alto. Le ombre sulla neve, poi, nessuno le vedeva, solitamente.
Arrivò sotto il portone, si accese una sigaretta indeciso sul da farsi; la voglia di bussare era tanta, di correre su per le scale e stringerla alle sue braccia come da buon finale da film anni '30, e di baciarla con un trasporto ttale che Rodolfo Valentino sarebbe impallidito. Il fumo, nella fredda e umida aria di quella sera nevosa, saliva lento, e pareva permanere nell'aria gelida prima di disperdersi per sempre assottigliandosi sotto gli occhi di Frank, che ora pareva invidiare la natura fuggevole di quel misero filino di fumo e cenere. Chissà se Billie, dall'aereo di linea di turno, riusciva a vedere, a sentire, a percepire il fumo che Frank stava buttando fuori dai suoi polmoni, chissà se percepiva il calore ritrovato in quella notte nevosa.
Fissò l'indice che aveva la responsabilità di suonare il campanello, nella eterna indecisione che ancora una volta lo frenava; d'altronde, pensava Frank, lei avrebbe comunque visto le orme nella neve, che percorrevano i duecento e più passi che distanziavano le due case. Le sarebbe bastato alzarelo sguardo, seguire con un po' di sforzo le impronte di quelle scarpe così poco adatte per le attuali condizioni climatiche, ed avrebbe scoperto il visitatore notturno.
Suonò il campanello, con decisione, una, due volte. Nessuna voce rispose da dietro l'apparecchio, lasciando in lui una punta di delusione. Una sola sillaba, proferita da quella voce, avrebbe dato senso alle decisioni prese in quell'ultima mezz'ora, alle sue riflessioni, al suo finalmente ritrovato calore. Accendendosi quella che sarebbe stata l'ultima sigaretta della serata, si avviò mesto verso casa.
Infilò le chiavi con imbarazzo ed attenzione, evitando di far scolare il suo cappello ed il suo cappotto sul parquet che aveva sempre odiato, così difficile da pulire. Poi, come un lampo, gettò tutto sul divano alla disperata ricerca del cordless, immancabilmente finito tra i cuscini del divano come ogni volta che Frank lo cercava e non riusciva a trovarlo.
0524-23445. I bip si rincorrevano dietro la cornetta, attraversando i fili. Billie non era a casa, l'odiata Betsy - per fortuna - nemmeno. Si attaccò la segreteria, Frank non sperava altro.
Con la bocca impastata, al laconico bip che lasciava lo spazio al messaggio dell'utente, Frank disse, come un bambino spaurito, poche parole: "E' tornato, è tornato da me. Il mio calore ti aspetta..."
Frank abbassò la cornetta, il clic metallico per qualche strano motivo lo spaventò e lo fece leggermente sobbalzare.
Andò in bagno, si sciacquò il viso con l'acqua bollente, e pensò a lei.. Chissà se da lassù, dal freddo di una cabina aerea, si vedeva qualcosa. I dettagli, come appaiono dall'alto. Le ombre sulla neve, poi, nessuno le vedeva, solitamente.
Light snow
Neve lieve e lieta cadeva sui tetti e sulle case che Frank guardava dalla finestra.
Quell'uomo, così chiuso e restio a qualsiasi tipo di calore umano, stava lì immobile - pareva quasi commosso - a fissare l'ultimo spettacolo atmosferico parato di fronte al suo viso, al di là dei fradici infissi, prima di andare a letto. Non voleva andarsene via, non voleva allontanarsi da quello spettacolo che l'aveva fatto sentire per pochi istanti "umano", che aveva risvegliato in lui giochi, tenerezze e ricordi di una età fanciulla che avrebbe voluto volentieri gettare nel dimenticatoio.
Meaningless, Frank rifletteva su quel brivido. Capì di aver avuto paura, di essersi sentito vulnerabile in quell'attimo di calore che aveva pervaso il suo corpo, sentì andarsene via e sgretolarsi, questa sì, come la neve sotto le scarpe di un bambino, la sua corazza di evil platino.
Sfolgorava la luce della sua cattiveria nella neve, vedeva il riflesso del vetro all'interno dei suoi piccoli occhiali rotondi.
La testa andava a lei, la sua Billie, l'ultima cosa che l'aveva reso umano prima di quella neve, e che da troppi mesi ormai mancava nella sua vita. "Quando sentirai di nuovo il calore che provi nell'accarezzare la mia pelle, torna da me. Aspetterò anni se necessario, ma quando lo senti, torna".
Frank non riuscì a capire più nulla, ebbe bisogno di uno scotch per riprendersi. Era possibile? Si, era proprio lui, il calore di cui parlava Billie. Non ne era sicuro, non voleva tornare da lei, come un'anima che ha appena finito di espiare i suoi peccati ma che non si è pentita, ed è in prima fila, pronta a sbagliare di nuovo. Non voleva far del male a Billie, semplicemente aveva bisogno di lei.
Si sentiva un egoista, ed un idiota, a fare questi discorsi, lui che aveva sempre fatto a meno degli altri, ma che non era mai riuscito a fare a meno di lei. La considerava, i primi tempi, come un piacere inarrivabile, spinto così in avanti dall'amore folle che ogni quattordicenne cova dentro il suo cuore. Poi, il loro amore era cresciuto, anzi era invecchiato. L'abitudine, la routine, avevano logorato una storia che adesso stava stretta ad entrambi.
"Cerca il calore, e poi torna da me". Nel freddo di questa neve, aveva sentito nuovamente un brivido, nel pensare a lei. Cercò una sua foto, nella speranza che, per un pavloviano sintomo di causa-effetto, sentisse ancora quel calore. Rimase deluso nel constatare che nessun brivido aveva attraversato la sua schiena nel vedere quei lunghi capelli ricci.
Posò la foto, i loro visi sorridenti nel giorno del fidanzamento che strusciavano contro i pizzi del centrotavola; come si girò, un brivido percorse le sue membra, al pensiero di quella data. Loro, felici, i fiori, i parenti, e poi loro abbracciati, e gli amici, e gli scherzi, e loro.
Sentì il calore, si affacciò sul balcone imbiancato. Il calore, nella neve.
Prese il cappello, il copriabiti e partì. Non sapeva dove cercare Billie, ma era sicuro che niente e nessuno l'avrebbero potuto fermare. Sentiva il calore, sentiva la forza che saliva dentro di lui.
Aveva ancora un cuore, aveva ancora dei sentimenti. Poteva tornare a sperare, forse. Poteva tornare da lei, di certo.
Ma lei, sarebbe tornata?
Seppellì nella neve questo gravoso interrogativo, inforcò i guanti e partì.
Quell'uomo, così chiuso e restio a qualsiasi tipo di calore umano, stava lì immobile - pareva quasi commosso - a fissare l'ultimo spettacolo atmosferico parato di fronte al suo viso, al di là dei fradici infissi, prima di andare a letto. Non voleva andarsene via, non voleva allontanarsi da quello spettacolo che l'aveva fatto sentire per pochi istanti "umano", che aveva risvegliato in lui giochi, tenerezze e ricordi di una età fanciulla che avrebbe voluto volentieri gettare nel dimenticatoio.
Meaningless, Frank rifletteva su quel brivido. Capì di aver avuto paura, di essersi sentito vulnerabile in quell'attimo di calore che aveva pervaso il suo corpo, sentì andarsene via e sgretolarsi, questa sì, come la neve sotto le scarpe di un bambino, la sua corazza di evil platino.
Sfolgorava la luce della sua cattiveria nella neve, vedeva il riflesso del vetro all'interno dei suoi piccoli occhiali rotondi.
La testa andava a lei, la sua Billie, l'ultima cosa che l'aveva reso umano prima di quella neve, e che da troppi mesi ormai mancava nella sua vita. "Quando sentirai di nuovo il calore che provi nell'accarezzare la mia pelle, torna da me. Aspetterò anni se necessario, ma quando lo senti, torna".
Frank non riuscì a capire più nulla, ebbe bisogno di uno scotch per riprendersi. Era possibile? Si, era proprio lui, il calore di cui parlava Billie. Non ne era sicuro, non voleva tornare da lei, come un'anima che ha appena finito di espiare i suoi peccati ma che non si è pentita, ed è in prima fila, pronta a sbagliare di nuovo. Non voleva far del male a Billie, semplicemente aveva bisogno di lei.
Si sentiva un egoista, ed un idiota, a fare questi discorsi, lui che aveva sempre fatto a meno degli altri, ma che non era mai riuscito a fare a meno di lei. La considerava, i primi tempi, come un piacere inarrivabile, spinto così in avanti dall'amore folle che ogni quattordicenne cova dentro il suo cuore. Poi, il loro amore era cresciuto, anzi era invecchiato. L'abitudine, la routine, avevano logorato una storia che adesso stava stretta ad entrambi.
"Cerca il calore, e poi torna da me". Nel freddo di questa neve, aveva sentito nuovamente un brivido, nel pensare a lei. Cercò una sua foto, nella speranza che, per un pavloviano sintomo di causa-effetto, sentisse ancora quel calore. Rimase deluso nel constatare che nessun brivido aveva attraversato la sua schiena nel vedere quei lunghi capelli ricci.
Posò la foto, i loro visi sorridenti nel giorno del fidanzamento che strusciavano contro i pizzi del centrotavola; come si girò, un brivido percorse le sue membra, al pensiero di quella data. Loro, felici, i fiori, i parenti, e poi loro abbracciati, e gli amici, e gli scherzi, e loro.
Sentì il calore, si affacciò sul balcone imbiancato. Il calore, nella neve.
Prese il cappello, il copriabiti e partì. Non sapeva dove cercare Billie, ma era sicuro che niente e nessuno l'avrebbero potuto fermare. Sentiva il calore, sentiva la forza che saliva dentro di lui.
Aveva ancora un cuore, aveva ancora dei sentimenti. Poteva tornare a sperare, forse. Poteva tornare da lei, di certo.
Ma lei, sarebbe tornata?
Seppellì nella neve questo gravoso interrogativo, inforcò i guanti e partì.
16.2.08
a te...
A te che sei l’unica al mondo
L’unica ragione
Per arrivare fino in fondo
Ad ogni mio respiro
Quando ti guardo
Dopo un giorno pieno di parole
Senza che tu mi dica niente
Tutto si fa chiaro
A te che mi hai trovato
All’angolo coi pugni chiusi
Con le mie spalle contro il muro
Pronto a difendermi
Con gli occhi bassi
Stavo in fila
Con i disillusi
Tu mi hai raccolto
Come un gatto
E mi hai portato con te
A te io canto una canzone
Perchè non ho altro
Niente di meglio da offrirti
Di tutto quello che ho
Prendi il mio tempo
E la magìa
Che con un solo salto
Ci fa volare dentro l’aria
Come bollicine
A te che sei
Semplicemente sei
Sostanza dei giorni miei
Sostanza dei giorni miei
A te che sei il mio grande amore
Ed il mio amore grande
A te che hai preso la mia vita
E ne hai fatto molto di più
A te che hai dato senso al tempo
Senza misurarlo
A te che sei il mio amore grande
Ed il mio grande amore
A te che io
Ti ho visto piangere nella mia mano
Fragile che potevo ucciderti stringendoti un pò
E poi ti ho visto
Con la forza di un aeroplano
Prendere in mano la tua vita
E trascinarla in salvo
A te che mi hai insegnato i sogni
E l’arte dell’avventura
A te che credi nel coraggio
E anche nella paura
A te che sei la miglior cosa
Che mi sia successa
A te che cambi tutti i giorni
E resti sempre la stessa
A te che sei
Semplicemente sei
Sostanza dei giorni miei
Sostanza dei sogni miei
A te che sei
Essenzialmente sei
Sostanza dei sogni miei
Sostanza dei giorni miei
A te che non ti piaci mai
E sei una meraviglia
Le forze della natura si concentrano in te
Che sei una roccia sei una pianta sei un uragano
Sei l’orizzonte che mi accoglie quando mi allontano
A te che sei l’unica amica
Che io posso avere
L’unico amore che vorrei
Se io non ti avessi con me
A te che hai reso la mia vita
Bella da morire
Che riesci a render la fatica
Un immenso piacere
A te che sei il mio grande amore
Ed il mio amore grande
A te che hai preso la mia vita
E ne hai fatto molto di più
A te che hai dato senso al tempo
Senza misurarlo
A te che sei il mio amore grande
Ed il mio grande amore
A te che sei
Semplicemente sei
Sostanza dei giorni miei
Sostanza dei sogni miei
E a te che sei
Semplicemente sei
Compagna dei giorni miei
Sostanza dei sogni miei
2.2.08
5.1.08
Fragile
Frank White ascoltava, in silenzio, la magia di quelle parole incomprensabili, che lo tenevano incollato alla radio come se la posta in palio per quella scoperta fosse la ricompensa più alta della sua ostinata testardaggine che si portava dietro da sempre.
Non immaginava che dietro quella parola, "kalinifta", stesse un buonanotte ricco di speranze, di attese e di delusione. La fragilità di un fiore che sboccia nel pieno dell'inverno e che, solo contro tutto e tutti, lancia questo canto d'allarme...
Il cuore pulsava forte, ripensava a Billie ormai sempre più vicina. Pensava alla sua vita, al contratto appena firmato come consulente finanziario per una grande ditta, ed il suo cuore si riempiva, ancora una volta di tristezza. Urlate, violini, levate alti in aria i vostri lamenti.
Kalinifta, buonanotte, cuori fragili. Vado via, il mio cuore morbido non può più udire i vostri tormenti. Kalinifta..
Com'è dolce questa notte, com'è bella
e io non dormo pensando a te
e qui dietro alla tua finestra, amore mio,
del mio cuore ti apro le pene.
Io sempre a te penso,
perchè te, anima mia, io amo
e ovunque io andrò, vagherò, starò
nel cuore sempre te porterò.Eppure tu non mi hai mai amato, bella,
nè mai avesti pietà di me;
mai apristi le tue belle labbra
per dirmi dolci parole d'amore!
Le stelle da lassù mi guardano,
e con la luna bisbigliano di nascosto
e ridono e mi dicono: al vento
butti le canzoni, sono perdute.
Buonanotte! Ti lascio e fuggo via
dormi tu che io sono partito triste
ma ovunque io andrò, vagherò, starò,
nel cuore sempre te io porterò.
3.1.08
...respirare...
Inspirare, espirare...
breath...
ho bisogno di affacciarmi alla finestra, prendere a sane boccate tutto lo smog che possa marcire il vuoto che mi porto dentro da qualche giorno..
Inspirare, espirare...
solo questo posso fare, al momento...
spaccare le resistenze dei propri polmoni, forzare lo sterno, sentire le fitte che ti bucano lo stomaco ed i polmoni, liberarti di tutta la merda che hai dentro per buttarne giù di nuova, che sia meno merda comunque...
trilla la campanella dei vaffanculo nella mia testa, trilla l'inutilità di chi si sente superiore e ti urla, con tutta la cattiveria che può avere l'ingenuità degli idioti, quanto ti ritenga inutile..
un quadro mi fissa, un paesaggio che ai miei occhi sembra meno vivo di una natura morta di qualsiasi pittore fiammingo del '600. lo paragono ai suoi occhi, a quella cattiveria repressa che non sapevo di riuscire a suscitare in lui. in ogni caso, non è la mia vita. non è la sua.
sono le ombre, che ci fanno così... siamo corpi leggeri, tenuti attaccati a questo lembo di terra amara e aspra da piccole figure nere che ci ricordano che, per quanto veloce possiamo scappare, loro saranno sempre dietro di noi...
una condanna, per l'eternità...
Cosa direbbe un'ombra, se potesse parlare? sarebbe in grado di racchiudere, in poche parole, la sua vita di stenti, sempre passata ad inseguire qualcuno, qualcosa, senza riposo o possibilità di scelta.
dipendere sempre da qualcunaltroqualcosaltroilsolechespuntaadestoadovestnonloricordopiù...
sono nere, le ombre, sono incazzate nere..
avrebbero bisogno di respirare..
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