17.2.08

Orme

Frank prese "la strada maestra", come il nostro chiamava la strada che portava a casa di Billie. Aveva, in verità, poche speranze di trovarla lì. Negli ultimi tempi, spesso aveva preso strade diverse e trasverse che l'avevano portata sempre lontano da casa sua. Le rare volte che Frank, ubriaco, aveva provato a cercarla, al suo citofono rispondeva sempre il fonte genetico da buttare della famiglia Holliday, la sorella Betsy, la sua voce acida a scompensare il già freddo gracchiare dell'apparecchio nei neuroni ubriachi di Frank. Billie lavorava, Billie era un'hostess, Billie vedeva e non vedeva il mondo.
Arrivò sotto il portone, si accese una sigaretta indeciso sul da farsi; la voglia di bussare era tanta, di correre su per le scale e stringerla alle sue braccia come da buon finale da film anni '30, e di baciarla con un trasporto ttale che Rodolfo Valentino sarebbe impallidito. Il fumo, nella fredda e umida aria di quella sera nevosa, saliva lento, e pareva permanere nell'aria gelida prima di disperdersi per sempre assottigliandosi sotto gli occhi di Frank, che ora pareva invidiare la natura fuggevole di quel misero filino di fumo e cenere. Chissà se Billie, dall'aereo di linea di turno, riusciva a vedere, a sentire, a percepire il fumo che Frank stava buttando fuori dai suoi polmoni, chissà se percepiva il calore ritrovato in quella notte nevosa.
Fissò l'indice che aveva la responsabilità di suonare il campanello, nella eterna indecisione che ancora una volta lo frenava; d'altronde, pensava Frank, lei avrebbe comunque visto le orme nella neve, che percorrevano i duecento e più passi che distanziavano le due case. Le sarebbe bastato alzarelo sguardo, seguire con un po' di sforzo le impronte di quelle scarpe così poco adatte per le attuali condizioni climatiche, ed avrebbe scoperto il visitatore notturno.
Suonò il campanello, con decisione, una, due volte. Nessuna voce rispose da dietro l'apparecchio, lasciando in lui una punta di delusione. Una sola sillaba, proferita da quella voce, avrebbe dato senso alle decisioni prese in quell'ultima mezz'ora, alle sue riflessioni, al suo finalmente ritrovato calore. Accendendosi quella che sarebbe stata l'ultima sigaretta della serata, si avviò mesto verso casa.
Infilò le chiavi con imbarazzo ed attenzione, evitando di far scolare il suo cappello ed il suo cappotto sul parquet che aveva sempre odiato, così difficile da pulire. Poi, come un lampo, gettò tutto sul divano alla disperata ricerca del cordless, immancabilmente finito tra i cuscini del divano come ogni volta che Frank lo cercava e non riusciva a trovarlo.
0524-23445. I bip si rincorrevano dietro la cornetta, attraversando i fili. Billie non era a casa, l'odiata Betsy - per fortuna - nemmeno. Si attaccò la segreteria, Frank non sperava altro.
Con la bocca impastata, al laconico bip che lasciava lo spazio al messaggio dell'utente, Frank disse, come un bambino spaurito, poche parole: "E' tornato, è tornato da me. Il mio calore ti aspetta..."
Frank abbassò la cornetta, il clic metallico per qualche strano motivo lo spaventò e lo fece leggermente sobbalzare.
Andò in bagno, si sciacquò il viso con l'acqua bollente, e pensò a lei.. Chissà se da lassù, dal freddo di una cabina aerea, si vedeva qualcosa. I dettagli, come appaiono dall'alto. Le ombre sulla neve, poi, nessuno le vedeva, solitamente.

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